Il Drago

Il Drago, nella storia e mitologia di ogni cultura ed epoca troviamo soggetti riconosciuti universalmente come rappresentativi ai quali vengono attribuiti significati differenti, a volte anche opposti, a seconda della tradizione locale. Tra questi uno dei più emblematici è sicuramente il drago, leggendario animale dai molteplici aspetti e sembianze: al suo principio troviamo il serpente, altrettanto importante e famoso, dal quale deriva il suo nome, oltre che dalla radice greca del verbo guardare. Questo lo si deve alla credenza che i serpenti possedessero una vista acuta e penetrante, anche in grado di pietrificare ciò venisse da loro guardato; ancor oggi, nel mondo animale, vengono chiamati draghi alcuni grandi rettili.


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Nelle raffigurazioni popolari, il drago poteva assumere forme diverse: più simile ad un serpente, dal corpo sinuoso rivestito di piume e piccole ali nella tradizione degli antichi popoli sudamericani, come il Quetzalcoatl, o ancora con zampe e grandi ali, ricoperto di squame e penne, capace di volare e sprigionare fiamme come nella cultura Occidentale, che lo ritrae animale malvagio e terribile, dall’aspetto demoniaco e quindi da sconfiggere, come fecero San Giorgio e San Michele, perché personificazione del maligno; in Oriente, il drago ha le sembianze di lunga biscia, con poco pelo e scaglie, criniera ed artigli da leone, muso da coccodrillo, lunghi baffi e una lunga cresta che gli scorre lungo tutto il corpo.
I draghi asiatici sono sempre visti nel loro aspetto positivo, associati a virtù quali saggezza e longevità, creature benevole portatrici di ricchezza e fortuna, segno di buon augurio: collegati alle divinità sono visti come protettori dello spirito, di tutta la natura che ci circonda ed evocatori della primavera.
Può essere un animale acquatico, come pure terrestre e celeste, ricoprendo così i diversi piani del cosmo, i tre livelli dell’universo; ma è comunque l’acqua il suo elemento più consono: vivendo in essa, è in grado di far sgorgare sorgenti come pure portare pioggia celeste capace di donare fertilità e rendere feconda la terra.
Considerata un’entità dinamica, il drago assume le caratteristiche della potenza divina celeste e creatrice, dell’ardore spirituale, di colui che sistema ed ordina la complessità delle cose; collegato al fulmine, dato il suo sputare fuoco, così come alla ricchezza prolifica dovuta alle precipitazioni che lui stesso procura, è per questo simbolicamente associato alle funzioni regali dell’Imperatore, che scandendo i ritmi della vita quotidiana di ognuno assicurano ordine, equilibrio, benessere ed abbondanza, prerogativa questa che troviamo in Cina come pure nell’usanza celtica.
Questo suo aspetto protettivo lo porta ad essere, quindi, custode sia di tutto ciò possa essere buono e positivo -ed eccolo allora in Corea guardiano dei tesori del Buddha-, sia negativo, nella veste maligna di colui che tiene prigioniero, che difende con la sua forza e la sua astuzia ricchezze e fortune, spesso al servizio di poteri malvagi.
In Oriente la figura del drago è sempre stata largamente utilizzata proprio per il suo intenso e potente significato simbolico, e che con l’espansione del buddhismo giunse al suo culmine, acquisendo sempre più valore e divenendo immagine di salvezza.
In tutta la regione himalayana e specialmente tibetana, nota per la sua cultura straordinariamente viva e dalla forte identità ma che ha saputo assimilare le influenze intellettuali provenienti da Cina, India ed Asia centrale, l’emblema del drago come motivo decorativo è da sempre largamente diffuso ed impiegato, riprodotto su mobili non solo di uso domestico ma anche custoditi all’interno dei templi, divenendo così oggetti spirituali e rituali, sacre opere d’arte; altresì celebri sono le grandi teste di dragone poste sia dentro sia fuori le case ed i luoghi di culto, sistemate proprio a guardia e come custodi della ricchezza spirituale di quell’ambiente.

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