I Nativi Americani
I Nativi americani – Tutto il Nord America ha ereditato le tradizioni delle tribù indigene che per prime hanno popolato quei luoghi; ancora oggi, l’erroneo preconcetto del cavaliere con copricapo in piume, arco e frecce, fa pensare ai Nativi Americani come ad una sola ed unica popolazione. Tutto il territorio settentrionale del continente americano è stato dimora di numerosi gruppi nativi, diversi tra loro per lingua, religione e cultura che nel corso del tempo hanno saputo fondere in armonia le loro tradizioni, le loro ideologie e principi. L’area più popolata da questi gruppi fu sicuramente la zona del Sud-Ovest, un immenso altopiano che ospitò e vide avvicendarsi e convivere tra loro, quasi senza mescolarsi, tre diverse culture: quella originaria, l’ispanica dei conquistadores e l’angloamericana giunta nel 1848. Le stirpi native di questa regione che principalmente hanno formato le più grandi culture sono la Pueblo, più antica ed alla quale appartengono i gruppi Hopi e Zuni, e quella Dinè alla quale fanno riferimento i Navajo. Dinè e Navajo sono la stessa popolazione, definita in modi differenti: il primo è il nome che i componenti della tribù danno a loro stessi, il secondo è invece l’appellativo dato dagli esterni e dagli Apache, giunti in questa area circa cinque secoli fa. E’ anche da evidenziare un’altra straordinaria antica popolazione, che ha reso possibile successivamente lo sviluppo della cultura Cherokee: quella dei Temple Mound Builders, i costruttori di tumuli-tempio. Famosi per essere stati i primi in questa zona ad erigere questo tipo di opere architettoniche, estesero ed incrementarono una fittissima rete di scambi commerciali, facendo sì che all’avvento dei bianchi questi ultimi utilizzassero i loro percorsi per organizzare e realizzare strade ed autostrade; il sito più importante riconducibile a questa tribù si trova a Cahokia, nell’Illinois, dove, nel periodo del suo massimo fulgore, più di 75.000 persone abitavano in quell’area.
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Le tribù Hopi e Zuni fanno parte della civiltà Pueblo, da considerarsi i diretti discendenti degli Anasazi; stanziati su tre mesas – aree di terreno montuoso dalla cima piatta e con le pareti praticamente verticali – nel deserto dell’Arizona, vivono all’interno della Nazione Navajo; in passato queste popolazioni risiedevano nelle vallate sottostanti ma l’occupazione spagnola li costrinse a rifugiarsi sugli altipiani.
Considerati tra i popoli nativi più antichi e legati alle tradizioni, gli Hopi basano la loro vita e le loro cerimonie sulla coltivazione del mais che, nelle sue diverse varietà dai colori giallo, rosso, nero ed azzurro, costituisce da sempre l’ingrediente principale della loro alimentazione; nonostante l’aridissimo clima e le condizioni estreme, gli Hopi sono riusciti a dare vita ad estese piantagioni di questo prezioso cereale grazie alla scoperta ed utilizzo di alcune sorgenti perenni che si trovano in quest’area. Tradizionalmente, ad ogni clan viene assegnata una coltura, indispensabile per il proprio sostentamento, e per delimitare la proprietà vengono posate ai quattro angoli dell’appezzamento lavorato delle grosse pietre dipinte con i simboli del clan stesso.
Anche la religione rispecchia la complessità della vita quotidiana e ruota intorno ad un rigoroso calendario annuale che segue i tempi della semina e del raccolto, con precise divinità e cerimonie. Un ruolo fondamentale in questi riti lo occupano le Kachine, rappresentazioni fisiche sia degli esseri divini sia di qualsiasi evento naturale, quale l’avvento delle piogge, l’abbondanza di un buon raccolto e la ricchezza della caccia, con i membri della tribù che impersonano appunto questi avvenimenti; le Kachine sono anche le bambole sciamaniche utilizzate alla stessa stregua di questi soggetti religiosi. Le cerimonie collegate al Solstizio d’Inverno sono per gli Hopi le più importanti e sentite: in esse si tramandano le storie delle migrazioni delle antiche genti da un territorio all’altro, con i guerrieri-Kachina che impersonano gli dei che accompagnarono le carovane in quegli spostamenti. Gli Hopi, inoltre, sanno di possedere le capacità, i segreti e le virtù donate loro dagli dei per salvare il mondo: un giorno, quando l’umanità avrà sfruttato al massimo la terra su cui vive, si rivolgerà loro chiedendo aiuto. Per ricordare a tutti questo importante compito hanno creato la Pietra della Profezia: una roccia nei pressi di Oraibi, in Arizona, su cui è incisa la visione di un mondo tormentato e privo di equilibrio che gli Hopi saranno chiamati a curare.
Rappresentanti dell’etnia Dinè, nome con il quale i membri di questo importante gruppo definiscono se stessi e che significa il popolo, anticamente noti come Athabascan, sono i Navajo. La definizione Dinè è stata ripresa dagli antichi documenti tribali, ed è oggi utilizzata a tutti gli effetti.
Il popolo Navajo, a differenza di molte altre tribù native, ha avuto la fortuna dopo l’invasione dei bianchi di rimanere nelle proprie terre ancestrali ed ancora oggi un’importantissima parte dell’identità Navajo è legata al territorio su cui questo popolo vive. La storia Navajo vuole che questa terra, compresa tra quattro montagne sacre e quattro grandi fiumi tra cui il Colorado, sia stata donata loro dagli Esseri Sacri, giunti dal cielo per proteggere questa regione e coloro che vi abitano; infatti la più famosa leggenda che questo popolo racconta narra che sarebbero stati protetti dagli Esseri sacri fino a quando loro stessi avessero vegliato su questa parte di terra sacra.
Le Quattro Montagne Sacre sono:
– ad est il Blanca Peak, il Sacro Monte d’Oriente, definito White Mountain Shell, che sorge al confine orientale della Dinetah, la patria Navajo, in Colorado. Nella lingua nativa è Tsisnaasjini, rappresenta il colore bianco ed è maschile.
– a sud il Mount Taylor, il Sacro Monte del Sud, chiamato Blue Bead o Turquoise Mountain, si trova in New Mexico. Nella lingua originaria è Tso O Dzil, è il colore blu ed è femminile.
– od ovest il San Francisco Peak, il Sacro Monte d’Occidente, in Arizona, chiamato anche Shell Abalone Mountain, e nella lingua Navajo Dook’o’Oosliid. E’ il colore giallo ed è femminile.
– a nord il Monte Hesperus, il Sacro Monte del Nord, detto Jet Black Stone o Big Sheep Mountain, la montagna di Ossidiana, in Colorado. Il suo colore è il nero, e nella lingua locale è Dibe Ntsaa.
All’interno di questo quadrato sacro c’è il Canyon Chelly, un luogo di grande pace in cui si trovano le rovine degli Anasazi, che in lingua Navajo significa gli Antichi, i loro antenati: il canyon è un luogo vitale per la civiltà Navajo, dove la popolazione si reca per trarre forza dalle immense e massicce pareti rocciose, tra le quali il passato ed il presente della tribù si fondono, è una zona incantata celata all’occhio umano fino all’ultimo e che si rivela solo quando ci si giunge. In questo sito venerato, gli Esseri sacri insegnarono ai Navajo come vivere secondo le indicazioni di Padre Sole e Madre Terra, dalla cui unione i Navajo traggono sostentamento; la loro autentica cultura è viva e dinamica anche attraverso cerimonie destinate ad insegnare alla tribù ciò che è necessario per sopravvivere come popolo; esse insegnano altresì la storia della propria gente, il senso di appartenenza e responsabilità che comporta l’essere Navajo, il sussistere come essere umano con un posto preciso nell’universo.
Le tribù principali stabilitesi in Nord America prima dell’arrivo degli spagnoli sono:
− Sioux, Lakota e Dakota nelle Praterie
− Cherokee, Chickasaw e Natchez nel sud- est
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