Akshamala il Rosario Mala Tibetano e altri Rosari
Akshamala, Japamala, Mala: il rosario buddista o Mala tibetano
In sanscrito, la parola japamala indica una collana di perline usata per la preghiera conosciuta come collana mala tibetana.
Akshamala il Rosario Mala Tibetano e i Rosari nel Mondo
Il Rosario è un antico strumento di preghiera comune tra Oriente e Occidente.
L’utilizzo di strumenti per la preghiera è una pratica diffusa in molte culture e religioni. Tra questi oggetti, il rosario assume un ruolo significativo per la sua popolarità e il suo valore simbolico. Contrariamente a quanto si pensa, il rosario non è un’invenzione cristiana. Le sue origini risalgono all’epoca antica in Asia, dove lo si ritrova raffigurato in affreschi del II secolo a.C. in India.
Il rosario si diffuse in diverse culture e religioni, assumendo forme e nomi differenti. In Tibet, il mala è un importante strumento di meditazione buddista. Il rosario rappresenta il ciclo di nascita, morte e rinascita, nonché la connessione tra l’uomo e il divino. Il numero di perline ha un valore simbolico in diverse culture.
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La collana buddista: un ponte tra l’uomo e il divino
Oltre a rendere tangibile il ritmo della recita di preghiere, mantra o sutra, la collana buddista, chiamata anche mala buddista o mala tibetano, svolge un ruolo fondamentale nella meditazione. Sgranando i 108 semi con la mano, la mente viene distolta da pensieri disturbanti e si concentra sul mantra o sulla preghiera che viene recitata. Questo permette di raggiungere uno stato di profonda quiete e di consapevolezza. In origine, i rosari buddisti erano semplici corde annodate. In seguito, iniziarono ad essere realizzate con diversi materiali, come perle, ossa, semi e legno. Il numero di perline più comune è 108, ma esistono anche collane con un numero diverso di perline, a seconda della tradizione e del tipo di meditazione.
Il numero 108, ricorrente nella tradizione buddista e induista, ha un profondo significato simbolico. Non è un semplice numero, ma rappresenta tre espressioni della realtà:
- 1: Brahma, la Coscienza Suprema, la Verità Ultima.
- 0: il Cosmo, la Creazione personificata in Shiva e lo stato di SAMADHI, l’unione tra il meditante e l’oggetto della meditazione.
- 8: la forza creatrice della Natura, i cinque elementi (acqua, terra, aria, fuoco, etere) e le tre espressioni dell’essere (Ahamkara, Manas e Buddhi).
Il numero 108 nelle diverse tradizioni:
- Induismo:
- 108 nomi delle divinità più importanti.
- Il Cosmo.
- Le pastorelle seguaci di Krishna.
- Le Upanishad.
- I luoghi sacri frequentati da Vishnù.
- Gradini di accesso ai templi buddhisti.
- Buddhismo:
- Mala buddista (o Aksamala): rosario composto da semi.
- Riferito ai peccati e alle menzogne che si possono commettere.
- Recitare i mantra con il mala aiuta a superare le negatività.
- Materiali utilizzati per la creazione dei mala:
- Semi di loto e di rudra.
- Legno di sandalo, di tulsi, di bodhi e di rosa.
- Conchiglia, osso, ambra, giada e altre pietre dure.
Materiali e proprietà:
- Legno di bodhi: energia pacifica, protettiva, migliora le facoltà mentali.
- Semi di loto: concentrazione, conoscenza spirituale, arricchimento dell’intelletto.
- Legno di sandalo: risveglia le vibrazioni intense, limpidezza e profondità delle percezioni, tranquillità e positività.
- Ossa di yak: impermanenza della vita, vita più benevola e felice.
Tipi di collana buddista e scopi:
- Ricondurre: 100 grani in cristallo, perle o madreperla, cancellare difficoltà, malattia e traversie, purificazione e liberazione dalle tensioni.
- Accrescere: 108 elementi in oro, argento, rame o semi di loto, prolungare la vita, la conoscenza e i meriti.
- Superare: 25 grani in legno di sandalo macinato con aromi, controllare le intenzioni altrui per aiutare gli esseri in difficoltà.
- Dominare e sottomettere: 60 grani in ossa umane, scopi benevoli, compassione, sollievo e protezione.
L’uso del mala è molto semplice, il metodo di preghiera è lineare e continuo: si recitano i mantra in successione fino ad arrivare allo stupa per poi tornare indietro senza superare ed attraversare quest’ultimo.
Struttura del mala:
- 108 grani consecutivi, ad eccezione del meru.
- Il meru rappresenta il monte sacro e la condizione della verità.
- Il colore del mala è associato al Buddha a cui si rivolgono le preghiere.
Esempi di colori e divinità associate:
- Nero e blu scuro: Mantello Nero, Mahakala il Grande Nero.
Indicativo è inoltre il colore del rosario, generalmente associato a quello del Buddha al quale sono indirizzate le suppliche: così per Mantello Nero, Mahakala il Grande Nero – in tibetano Bernagchen o Nagpo Chenpo – si useranno mala dello stesso tono ed anche blu scuro; egli è la versione buddista di Shiva, manifestazione diretta del Buddha stesso ed esprime l’amore e la protezione, per questo colui che lo prega regolarmente si renderà libero dalla paura. - Verde: Tara Verde, la Liberatrice.
Anche la Tara Verde è venerata e implorata da sempre: Tara – chiamata in tibetano Dolma – in sanscrito significa Liberatrice ed è considerata un soprannaturale essere illuminato, entità femminile congiunta al Buddha della Compassione e quindi a tutte quelle manifestazioni correlate a tale sentimento unito alla capacità di risveglio concessa ad ogni essere.
A lei ci si rivolge, sgranando una corona in giada, turchese o agata verde, per trovare conforto e protezione da paure, minacce e dal dolore, essendo ella portatrice della conoscenza della tangibile inutilità di ogni rivalità. - Bianco: Avalokiteshvara, il Buddha dagli Occhi Amorevoli.
Il bianco è riservato ad Avalokiteshvara, il Buddha dagli Occhi Amorevoli, in tibetano Chenrezig, immagine dell’Amore e della pietà insita in ogni bodhisattva, Colui i cui occhi vedono tutto. - Blu: Bhaisajya Guru, il Buddha della Medicina.
Il blu è utilizzato per onorare e glorificare Bhaisajya Guru, in tibetano Sangye Menla, il Buddha della Medicina, invocato affinché ci preservi da malattie e sofferenze come anche dall’inconsapevolezza, conducendoci in una condizione di assoluta rivelazione.
Lo juzu, o nenju, il mala giapponese:
- Significato: numero di grani.
Lo juzu, o nenju, è il termine giapponese con il quale si identifica il mala tibetano ed anche in questo caso il significato della parola è legata alla sua funzione: vuol dire numero di grani e l’uso fatto dai monaci era finalizzato sia al conteggio dei giorni sia al numero di volte che si pregava il Buddha, così come il concetto che esprime ci porta a pensare ed elaborare che invocando la divinità tutto ciò che deriva dalla sofferenza dei 108 peccati che compiamo durante la nostra vita si possa tramutare in felicità raggiungendo uno stato di pace. - Usato dai monaci per contare i giorni e le preghiere.
- Simboleggia la trasformazione della sofferenza in felicità.
Grano madre e grano padre:
- Rappresentano la parte mistica (myo) e la legge (ho).
Formato da grani della stessa misura, solo due si staccano per dimensione, essendo più grandi, il grano madre ed il grano padre: il primo, chiamato myo, è legato a tre nappine e rappresenta la parte mistica, invisibile, mentre l’altro elemento, unito a due nappe, raffigura la legge, ho, come anche il lato tangibile. - Simboleggiano i due aspetti della vita: soggettivo e oggettivo.
Entrambi sono manifestazioni dei due ambiti della nostra vita, uno più soggettivo, chi, e l’altro oggettivo, kyo, interpretabili come la realtà della nostra esistenza così com’è unita alla capacità di comprenderla ed interpretarla con saggezza.
I materiali che lo compongono sono i più svariati, spesso legati alla ricchezza del discepolo che lo utilizza ed al casato di appartenenza.
Se indossato al polso come un bracciale, i grani si riducono a 21.
Il rosario: un filo che unisce le religioni orientali
In origine, il tasbeeh era il mezzo per esprimere la nobile pratica del dhikr, antico sacro rituale seguito dai fedeli islamici, e cioè la continua e costante memoria di Dio, il ripetere senza sosta il suo nome in modo da esserne totalmente pervasi da allontanare e respingere tutto ciò che non è il Signore; strettamente legato al sufismo, questo insieme di formule e preghiere si recitano molte e molte volte, ininterrottamente, con lo scopo di accostarsi al divino tramite la meditazione ed la declamazione perpetua.
Una delle invocazioni più ripetute e replicate è la sura numero 108, la più corta di tutto il Corano, detta dell’Abbondanza; le suppliche possono essere recitate in solitudine come anche con la propria confraternita, in un unica preghiera collettiva che forte e solenne sale al cielo.
Anche nella fede ortodossa troviamo un oggetto con le stesse caratteristiche del rosario: per i credenti greci esso è il komboloi okoboloi, una semplice corda sulla quale sono infilati un numero imprecisato di grani, lasciati laschi in modo da poterli spostare e muovere senza difficoltà.
Il termine deriva dall’insieme della parola kombos, che in greco significa nodo ed il termine loi, che può essere tradotto con oggetti che stanno insieme; un’altra ipotesi è che l’origine sia la parola kobas, traducibile incorda.
Anticamente, infatti, questo tipo di rosari erano realizzati annodando delle semplici corde e venivano adoperati dai monaci durante le loro preghiere; nel tempo, però, hanno acquisito un valore simbolico importante e per questo sono stati creati impiegando principalmente elementi in ambra, rendendoli pertanto preziosi e ricercati. Erano specialmente i mistici religiosi del Monte Athos a farne uso, recitando prevalentemente la famosa Preghiera del Cuore: Signore Gesù Cristo Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore.
Attualmente i rosari belli sono diventati rari, sul mercato si trovano più che altro in plastica, vetro e ceramica e questo è dovuto anche al fatto che il loro autentico significato è andato perduto e pochi sono oramai i credenti che lo utilizzano con lo spirito originario: ora è perlopiù un oggetto da compagnia, che si tiene in mano per giocare e far passare il tempo; chiunque sia andato almeno una volta in Grecia non avrà potuto fare a meno di notare che molti uomini lo tengono costantemente appresso e innumerevoli sono i negozi, soprattutto di souvenir, che li vendono come ricordo per i turisti stranieri.
La buona notizia è che lo staff di Ethnica è sempre e solo alla ricerca della bellezza e di rosari di manifattura originale proprio per non perderne il significato e la storia.
Tanti davvero sono gli oggetti il quale scopo è quello di essere un aiuto ed un mezzo per aiutare i devoti a comunicare con Dio, certo è che il rosario è sicuramente quello più espressivo e suggestivo, uno dei più antichi che tuttavia in molti casi ha mantenuto e perpetuato il suo valore simbolico ed il suo mistico e profondo contenuto.
Con la diffusione del Mala in Occidente, le pietre dure semipreziose con proprietà energetiche, sono diventate di uso comune nella fabbricazione dei rosari, da renderli un vero e proprio gioiello da indossare. L’utilizzo del quarzo ialino (cristallo di Rocca) , quarzo rosa, ametista, agata, argento sono solo alcune delle pietre naturali più utilizzate per questa collana sacra.
Considerando le diverse provenienze, tipologie e i vari modi in cui vengono costruiti i rosari è evidente come gli uomini, in ogni epoca e cultura, abbiano di fatto gli stessi desideri e speranze, ugualmente uniti nell’aspirazione di poter trovare accoglienza e conforto presso il proprio Signore, invocando e offrendo suppliche che possano esaudire le loro richieste.